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A Roma, dopo anni di proroghe e tira e molla, viene chiusa la famigerata discarica di Malagrotta, il sito più grande e inquinante d’Europa, che nel recente passato ha causato il deferimento dell’Italia da parte della Corte di Giustizia UE.

La notizia nella notizia è che a mettere la parola fine su questa annosa vicenda è stato l’Assessore all’ambiente Estella Marino, riuscendo dove molti suoi titolati predecessori avevano miseramente fallito. Ingegnere, ex responsabile Ambiente del Partito Democratico di Roma, ‘nata democratica’ e non ‘ex’ qualcosa come ricorda spesso, idealista ma non irrazionale (caratteristiche non facili da trovare in uno stesso individuo), Estella Marino è un esempio, purtroppo assai isolato, di come la cosiddetta politica dal basso sia possibile e sia ben altra cosa rispetto all’uomo qualunque in politica cavalcato da Grillo.

Con la sua voce pacata, spesso coperta dagli sguaiati eccessi di decibel altrui, Estella in questi anni ha perseguito con caparbietà i temi a lei più cari negli spazi – spesso considerati marginali dai miopi giocatori di scacchi dei ‘tavoli decisionali’ – che le venivano concessi. In molti a Roma la ricorderanno trascinare esausta gli enormi sacchi colorati di differenziata alle Feste de L’Unità – un po’ irrisa e un po’ compatita da qualche militante o dirigente – e altri ancora l’avranno sentita parlare da un capo all’altro della Capitale, in una delle tante assemblee pubbliche a cui, invitata, non ha mai negato la sua presenza, a differenza di tanti spocchiosi colleghi. In quegli incontri non perdeva mai l’occasione per ripetere due concetti per lei imprescindibili: “Malagrotta va chiusa subito”, “va potenziata la raccolta differenziata”. Inutile dire che in molti casi le sue parole erano accolte con un certo scetticismo, con quel “sarebbe bello ma figuriamoci se lo fanno…” che poi è il perenne mantra di un popolo rassegnato per pigrizia allo stato delle cose. Ma alla fine “lo hanno fatto”, anzi, per l’esattezza lo ha fatto proprio lei.

I più maligni dicono che la valanga di preferenze a lei assegnate (prima degli eletti con oltre 9000 voti nella lista PD al Comune) siano state frutto del suo cognome per i tanti elettori che per consuetudine scrivono il nome del sindaco a fianco al simbolo del partito votato. Probabilmente in parte è vero e non è detto che la stima per la persona, se pur diffusa nella città, sarebbe bastata per competere con le ricche e potenti filiere romane che sponsorizzavano altri candidati assai più accreditati di lei e con enormi sacchi neri di preferenze già confezionati ai nastri di partenza.

E così, forse per una casuale anomalia del sistema, l’assessore Marino è in Campidoglio ad occuparsi di quei problemi che hanno animato negli anni il suo impegno civile e a dimostrare con i fatti che la politica non è tale se non c’è lo sforzo di migliorare la vita della comunità a cominciare dall’aria che respira, dal verde che la circonda, dalla vivibilità del posto che abita. Con un po’ di fantasia, ma neanche troppa, la si può immaginare ancora lì a trascinare quei grandi sacchi colorati e a lavorare perché non sia più la sola a farlo. E se continuerà su questa strada presto saranno in tanti ad affiancarla nella sua opera, come in un immaginario “quarto Stato” ecologista dove i sacchi colorati saranno sempre più piccoli man mano che aumenteranno le persone che li utilizzeranno. Anche così si cambia il Mondo.