chiave

Nella notte tra sabato e domenica penso di aver compreso il sistema con cui la nostra mente “archivia” i ricordi e il sistema di “chiavi” che possono permetterci di richiamarli e visualizzarli. Ometterò volutamente le circostanze di tale scoperta perché difficilmente in una società regredita come la nostra sarebbero comprese e accettate. Ai più verrebbe infatti assai facile bollarle e giudicarle con superficialità, forti di quei pregiudizi istintivi e indotti che tanto servono alla folta massa che ci circonda per riprodurre sé stessa nella sua inconsapevole (e felice) inferiorità. In fondo come ci spiega bene Gurdjeff la quasi totalità degli esseri umani è composta da macchine incoscienti.

Partirei da una semplificazione visiva che aiuti a rendere l’idea del concetto. Si immagini dunque la nostra memoria come un’enorme stanza con delle altissime pareti composte da un’infinità di cassetti. In alcuni di essi è inserita una chiave per aprirli, in moltissimi no. Ogni cassetto contiene un ricordo e quindi non tutti i ricordi sono accessibili. Il motivo che rende alcuni ricordi accessibili e altri no è poco chiaro, ma probabilmente si tratta di una nostra istintiva ottimizzazione.

Chiaramente non ci si può ricordare tutto e il corso della nostra vita ci spinge a selezionare in qualche modo gli eventi per presunta importanza, un po’ come avviene per le persone che conosciamo e che in parte si perdono con il passare del tempo. Ciò che conta è sapere che per accedere ai cassetti chiusi bisogna trovare la chiave giusta. Ma le chiavi sono nascoste, spesso si trovano in altri cassetti, alcune sono sul pavimento della stanza ma non sappiamo quali cassetti aprano.

La chiave è “l’essenziale” del ricordo. Può prendere la forma di un dettaglio visivo, di un suono, di un odore. Non è quindi un caso che ci accada di ricordare degli eventi osservando un oggetto che ne faceva parte, oppure ascoltando una musica o percependo un particolare profumo. I dettagli contengono la chiave e racchiudono l’essenza del ricordo come le note di una melodia nascoste dal suono di un’orchestra. Ad esempio, visualizzare la maniglia di una porta può essere la chiave per ricordare un evento accaduto nella stanza chiusa da quella porta. La maniglia può sembrare un dettaglio secondario del ricordo, in realtà è l’essenza (essenziale) che ci permette di riviverlo.

Ciò che ho appreso visualizzando ricordi apparentemente perduti è quindi che nulla di ciò che viviamo si perde, dalle esperienze più significative a quelle più marginali. Tutto è archiviato in qualche remoto cassetto e ciò che ci serve per ricordare è ritrovarne l’essenza, la chiave.